Incontro con il fotografo americano David LaChapelle presso l’Università Iuav di Venezia.

All’inizio l’artista ha voluto parlare della sua vita mostrando foto personali e della sua famiglia: dalla madre con la passione dell’arte al padre molto religioso. A 15 anni, vittima di bullismo, lascia la scuola e con la famiglia si trasferisce a New York dove frequenta una scuola artistica e si appassiona prima al disegno, poi alla fotografia.
Negli anni ’80 incontra Andy Warhol e comincia a lavorare per la rivista Factory. Vive una vita felice e di successo fino a quando arrivano i primi casi di Aids. La vita di David viene molto segnata da ciò poiché vedendo molte persone morire (inclusi amici giovani), teme anch’egli che presto la morte gli avrebbe fatto visita. Questa ossessione diventa, una fonte d’ispirazione per le sue fotografie.

LaChapelle nelle sue foto da importanza alla tecnica quanto al messaggio: con lo stesso linguaggio glitterato della finzione, attraverso colori elettrici, superfici laccate e un nudo sfacciato e aggressivo, le sue fotografie esprimono le ossessioni contemporanee, il rapporto con il piacere, il benessere, il superfluo e l’esigenza inappagabile di apparire. Dai celebri “ritratti” delle star degli anni ’80 e ‘90 a una riflessione sui concetti di sacro e sacrilego (da cui la serie The Deluge ispirata al Diluvio Universale della Cappella Sistina)​,​ fino all’indagine surreale dedicata al paesaggio, dove impianti petroliferi e stazioni di rifornimento sono ricostruiti attraverso materiali riciclati, cartoni delle uova, bigodini, schede madri per pc, cannucce. Quando arriva al massimo della carriera decide di aprire una fattoria a Maui, un paradiso autosostenibile.

Parlando di tecnica, il fotografo ha proiettato foto e video del periodo analogico anni ’80, quando dipingeva i negativi, prima dell’epoca digitale. Negli ultimi anni è ritornato all’analogico, perché la sua fotografia si avvicina molto all’arte.

Nell’ultimo periodo le sue foto si ispirano alla natura e al paradiso.

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